WELCOME IN WINE&FOOD

la fortuna della sezione WINE&FOOD, non a caso appartenente all'area tematica "Divulgazione culturale" di LANDSgate e, permettetemi di dire, l'alta caratura delle argomentazioni trattate, sono peculiarità che non possono che nascere dal cuore del suo responsabile, Paolo.
A mio avviso un vero appassionato dell'Arte Culinaria e della degustazione in Vetro che vi accompagnerà e collaborerà con chiunque fosse intenzionato a divenir protagonista di questa sezione, in un "escursus" cultural-enogastronomico attraverso note, ricette , eventi e quant'altro.

un grazie dal presidente di Landsgate
M@rino

mercoledì 30 dicembre 2009

CULTURA ALIMENTARE di Paolo Nebuloni: Breve storia della Grappa

La grappa italiana è famosa in tutto il mondo, tant’è vero che anche il consiglio europeo con un regolamento, già nel 1989 ha sancito che solo distillati di vinaccia prodotti in Italia possono essere chiamati grappa.

La storia della grappa si perde nella notte dei tempi, la leggenda la farebbe risalire addirittura ad un legionario romano del I sec. a.C. che, rientrato in patria dopo aver trafugato in Egitto un impianto per la distillazione della vinaccia, ne avesse applicato le tecniche apprese alle vinacce del vigneto di cui era assegnatario in Friuli.
La distillazione è però probabilmente iniziata tra l’VIII ed il VI secolo a.C. in Mesopotamia, mentre le prime testimonianze di quella applicata ai vitigni per ottenere un’acquavite risalgono a non prima del XII secolo ad opera degli alchimisti. Le tecniche per distillare grappa vera e propria sono state codificate dalla Scuola Salernitana attorno all’anno Mille.
Le vinacce sono le bucce degli acini d’uva una volta separate dal mosto o dal vino. Attualmente meno di un terzo della vinaccia viene utilizzata per la produzione di grappa, dalla restante parte si ricava alcol etilico. Questo fatto ha una notevole incidenza sulla qualità finale dell’acquavite in quanto solo la vinaccia migliore, quella ritenuta più vocata a seguito di un’attenta selezione, origina grappa.
La qualità della grappa dipende in prima misura dalla qualità delle vinacce utilizzate, e in secondo luogo dall’abilità del mastro distillatore. Questa è una figura non abbastanza valorizzata finora, dato che è lui il primo artefice di una grappa di alta qualità e infatti secondo la vigente normativa per la vendita liquori, sull’etichetta è possibile citare sia il mastro distillatore che l’alambicco di distillazione usato, un binomio considerato fondamentale per la caratterizzazione della grappa creata.
Gli alambicchi infatti si dividono in due categorie principali, quelli continui e quelli discontinui.
I primi lavorano, come dice il loro nome, in continuazione. Alimentati con vinaccia restituiscono una flemma alcolica che viene successivamente elevata al rango di acquavite attraverso una seconda distillazione. I secondi invece lavorano a cotte, si carica in caldaia (o cucurbita) il materiale da distillare, si riscalda, si procede all’esaurimento dell’alcol e delle sostanze aromatiche che contiene, facendo grande attenzione a prelevare solo il cuore, e infine, si scarica la caldaia.
La distillazione migliore avviene lentamente, delicatamente, per mezzo di vecchi tradizionali alambicchi, dove il vapore attraversa la massa spugnosa delle vinacce per estrarne la parte meno volatile e trasmettere al vapore le proprie sostanze aromatiche.
Il risultato della distillazione viene affinato in botti di legno pregiato, che cedono alla grappa, attraverso la cessione di tannini, la propria carica aromatica.
L'invecchiamento vero e proprio non è indispensabile se si vuole ottenere un distillato di giovanile baldanza e aggressività; naturalmente se si sceglie la via del distillato più nobile e complesso,i caratteri organolettici acquisiti saranno in funzione del tipo di legno, del tempo che l'acquavite trascorre nelle botti e delle condizioni climatiche in cui avviene il soggiorno.
La grappa ha alle spalle una lunga storia, soprattutto nel nord Italia e nel Veneto, dove la grappa è ormai uno dei simboli di questa terra con oltre il 40% della produzione nazionale di acquavite. Anni di distillazione, usando ancora i metodi tradizionali, hanno fatto sì che la qualità di questa acquavite sia sempre alta e che qui si trovino quindi anche le aziende e le distillerie più famose e antiche.

lunedì 9 novembre 2009

Amici di WINE&FOOD: Lorenzo Rigo - il MIELE

APITOUR 2009 un dolce percorso


Il meraviglioso viaggio percorso dal miele (…e dall’apicoltore) dai boschi e dai prati in fiore fino al vasetto, destinazione finale del “nettare degli Dei”.
Le api e il “pastore” dell’apicoltura nomade Mattia & Lory sono lieti d’incontrarvi alla smieleria di Busto Garolfo (in via per Parabiago N° 225) sabato 7 novembre, dalle ore 14,30 alle 18,30 ogni mezz’ora circa parte un tour dimostrativo per presentarvi le varie fasi di produzione di miele, propoli, polline e pappa reale.
La smieleria si trova nel capannone retrostante il distributore di benzina “REPSOL” sullo stradone che collega Parabiago alla zona industriale di Busto Garolfo.
La manifestazione è gratuita e aperta a tutti.
Vi aspettiamo numerosi……………….grandi e picini !!!!!!

Per informazioni: Lorenzo Rigo 340/4691341 
e-mail: golory@tin.it
sito web: http://www.apicolturamattia.com/

CULTURA ALIMENTARE di Paolo Nebuloni: Vino spumante Franciacorta " dedicato a tutti quelli cui piace brindare bene"

WINE&FOOD - CULTURA ALIMENTARE: di Paolo Nebuloni Vino spumante Franciacorta " dedicato a tutti quelli cui piace brindare bene"

Il vino spumante Franciacorta, noto anche come Bollicine, è un vino italiano ottenuto con metodo Franciacorta (similare al metodo classico o méthode champenoise dal francese Champagne), che prevede la rifermentazione in bottiglia ed un affinamento non inferiore ai 18 mesi e la certificazione D.O.C.G.Vengono impiegate uve bianche di Chardonnay, Pinot, nonchè rosse sempre di Pinot.
La lenta rifermentazione ed il successivo affinamento in bottiglia, permettono al vino di ottenere caratteristiche organolettiche complete, equilibrate, il vino prodotto non ha davvero nulla da invidiare allo Champagne francese.
► Franciacorta: La terra di Franciacorta è situata nella provincia di Brescia, i suoi limiti sono posti a nord dal lago d’Iseo e dalle colline di Brione, Polaveno, Monticelli Brusati, dai fiumi Oglio, Mella posizionati rispettivamente ad est ed ovest. L’estensione del terrritorio, di 240 kmq circa, comprende i comuni di:
Adro, Brione, Capriolo, Castegnato, Cazzago S. Martino, Cellatica, Cologne, Coccaglio, Cortefranca, Erbusco, Gussago, Monticelli Brusati, Ome, Paderno, Paratico, Passirano, Polaveno, Provaglio, Rodengo Saiano e Rovato. Alcuni comuni sono compresi totalmente, altri in parte, sono comunque caratterizzati dalla fertilità della terra e dai pregiati vigneti. La leggenda vuole che il nome Franciacorta sia da attribuirsi a Carlo Magno che fu lui ad attribuire tale nome, tuttavia il nome Franzacurta che dovrebbe derivare da curtes francae, sembra l’ipotesi storicamente più accreditata. Curtes francae, terra franca, territorio libero da imposte e dazi, caratterizzato dalla presenza di abbazie e priorati, godeva dunque di agevolazioni a loro riservate. La coltura della vite risulta praticata sin dal Medioevo. Questa terra trova origine dall’azione erosiva prodotta dai ghiacciai, la conseguente presenza di materiale morenico (materiale cioè trasportato e depositato da un ghiacciaio) garantisce maggiore fertilità alla terra. La ghiaia presente nel terreno permette una sana circolazione dell’acqua, soprattutto fornisce un ottimo drenaggio per quella in eccesso permettendo alle radici delle piante di crescere in maniera ottimale senza comprometterne i frutti. Le colline coperte di vigneti, i piccoli borghi, i monasteri, le ville nobili del 700, i palazzi e le fortificazioni del 600, i musei, i castelli, completano il paesaggio incantevole della Franciacorta, dove trovano luogo le torbiere, ambiente intermorenico ulteriore testimonianza risalente all’ultima glaciazione. Terra ricca di storia, di tradizioni gastronomiche ed enologiche, un fazzoletto di terra baciato da Dio, dove è possibile anche la coltivazione delle olive che producono un olio di oliva particolarmente pregiato e richiesto data la ristretta produzione.
► Cenni storici dello spumante
Lo spumante, il vino mosso, affonda le sue radici storiche in tempi più lontani di quanto si possa immaginare.
Senza dimenticare che i francesi rivendicano la paternità dello Champagne, anche se la diatriba in merito non è mai cessata; quel che però importa è che italiani e francesi sanno produrre ottimi spumanti.
In epoca romana, l’Aigleucos era vino pregiato, cui scrittori come virgilio, Lucano, menzionarono nei loro scritti, attribuendo a tale vino aggettivi come spumans, saliens atti a significare il vino dalla caratteristica frizzante.Certo le tecniche di vinificazione erano agli albori, tuttavia seppur con metodi spartani gli antichi hanno saputo ottenere un vino importante se la loro testimonianza a riguardo è giunta sino a noi.
Una volta ottenuto un mosto particolarmente ricco di zuccheri, aggiungendo magari miele, propoli, questo veniva posto in anfore di terracotta, anche ricoperte di pece per aumentarne l’impermeabilità.
Chiusi ermeticamente, i recipienti venivano calati in pozzi dall’acqua gelida, a buone profondità, in inverno, per rallentare il più possibile la fermentazione del vino. Per terminare il processo di produzione, all’inizio delle temperature più miti con il cambio di stagione, i recipienti venivano trasportati in ambienti più caldi, oppure semplicemente esposti al calore del sole.Allora i lieviti tornavano in attività, il processo di fermentazione iniziava a produrre alcol e e gas (anidride carbonica) che, grazie alla chiusura ermetica, rimanevano rinchiusi nel contenitore, il gas poteva così sciogliersi nel vino e renderlo spumeggiante. Questa primitiva ma efficace procedura di vinificazione, permetteva già al tempo dell’Antica Roma di degustare il vino spumante.
L’acinatico era un altro vino spumeggiante di quell’epoca, prodotto con la medesima tecnica cui sopra ma utilizzando un mosto con maggiori quantità di zucchero, ottenuto da uve appassite.
Dopo la caduta dell’Impero Romano, la vinificazione e conseguente produzione di vino incontrarono tempi bui, per riafforare con prepotenza nel Medioevo dove il termine di vino mordace, raspante, stava proprio ad indicare il vino spumeggiante.A proposito della diatriba relativa alla paternità dello spumante e della tecnica di vinificazione, l’enologia francese può vantare, a ragione, la tecnica descritta dal monaco benedettino Dom Pérignon nel lontano 1668, tecnica nota come méthode champenoise. Tuttavia l’italiano Francesco Scacchi (1577-1656) aveva descritto tutta la procedura relativa alla vinificazione dello spumante diversi anni prima.
Od ancora l’opera letteraria che porta il nome di Libellus de Vino Mordaci, scritta da Girolamo Conforti nel 1570, antica testimonianza di vino con le “bollicine” prodotto in Terra di Franciacorta. Ai posteri dunque l’ardua sentenza della storia...
Una cosa è certa: vista l’importanza che riveste la tecnica di vinificazione per ottenere il vino spumante, ha spinto nel corso degli anni sia Francia che Italia a produrre vini spumanti di elevata qualità affinando via via le tecniche produttive, offrendo a livello mondiale un prodotto eccellente. L’impiego delle bottiglie di vetro piuttosto pesanti, consistenti, e l’utilizzo di buoni tappi da sughero, hanno certamente contribuito a rendere possibile meglio sopportare alle bottiglie stesse, la notevole pressione che si viene a creare durante la fermentazione, con conseguente miglioramento qualitativo del vino prodotto. Per arrivare a tempi più recenti, Guido Berlucchi può davvero considerarsi un pioniere per quanto riguarda la vinificazione dello spumante, che insieme all’enologo Franco Ziliani ha saputo produrre un vino spumante che non avesse nulla da invidiare al tanto blasonato cugino d’Oltralpe. Nel 1967 la produzione del Franciacorta D.O.C. segna l’inizio che rivoluzionerà, per certi aspetti, il mondo del vino spumante. Nel 1995 la Franciacorta si fregia anche della certificazione D.O.C.G. a dimostrazione del grande impegno profuso dai suoi produttori di vino, che hanno contribuito ad accrescere con serietà, passione, professionalità e competenza, la rinomata vinificazione italiana. Quando il contadino pianta la vite, la coltiva con amore, la coccola, con senso quasi liturgico, basti vedere la bellezza delle viti che crescono curate come ottimi esempio di giardino botanico.
Per coltivare la terra ed i suoi frutti, ci vuole passione, amore, dedizione. Il vino è frutto di tutto questo.
► Vinificazione dello spumante Franciacorta
A partire dalla vendemmia, l’attenzione e lo scrupolo del procedimento devono venire seguiti in modo preciso e minuzioso. La raccolta dell’uva, spesso rigorosamente a mano, eliminando un’azione meccanica a favore della sensibilità delle persone che valutano attentamente quando togliere dalla pianta della vite il suo frutto, al giusto punto di maturazione, e riporlo in piccole ceste di capienza mai eccessiva: questo per evitare schiacciamenti dell’uva che potrebbero innescare processi di fermentazione incontrollati e conseguente deterioramento dell’uva.La vendemmia dell’uva destinata al vino bollicine avviene prima della vendemmia di altre uve, questo per mantenere maggiore acidità nei chicchi di uva rispetto a quelli destinati a vini fermi.
La pigiatura deve essere morbida, non aggressiva, sempre quando si pigia l’uva e con maggior attenzione quando si punta alla produzione di un vino di qualità: tutti i passi del procedimento diventano oggetto di attenzioni e di cure da parte del produttore. È bene evitare la frantumazione del grappolo, a vantaggio di sistemi ad esempio come quello che utilizza aria compressa che gonfia lentamente un polmone che preme poi l’uva da pigiare, al fine di ottenere la parte migliore del mosto, il fiore. Una volta ripulito il mosto, si esegue la prima fermentazione inserendo il mosto in vasi vinari, contenitori di capienti dimensioni caratterizzati da chiusura ermetica e doppia parete, dove una funge da intercapedine, al cui interno viene messo in circolazione un liquido refrigerante per poter abbassare la temperatura del mosto. La temperatura del mosto deve venire costantemente monitorata, nelle moderne apparecchiature tutto è automatizzato, temperatura che viene lentamente e progresivamente abbassata fino a raggiungere 18°C circa. Dopo la prima fermentazione avviene la cuvée assemblando vini di diversi vigneti od anche dello stesso, anche di diverse annate, al fine di ottenenere la miglior composizione possibile; operazione che ovviamente deve essere coordinata da esperti enologi. Per liquer de tirage si intende una miscela di lieviti e zucchero, selezionati, che vengono aggiunti alla cuvée per provocare la presa di spuma (prise de mousse) del vino, che viene collocato in speciali ed apposite bottiglie con tappi a corona in acciaio inox. Il processo chimico che si sviluppa nelle bottiglie, ovvero la rifermentazione, trasforma lo zucchero in alcol etilico e anidride carbonica, che sappiamo rimane intrappolata nella bottiglia, capace questa di sostenere una certa pressione, e si va a miscelare con il vino conferendogli le bollicine. Le bottiglie vengono posizionate orizzontali, in cantine buie e fresche (12°C circa), dove devono così essere conservate per un minimo di 18 mesi, periodo nel quale i lieviti attribuiscono al vino particolari caratteristiche organolettiche. Maggiore è il tempo di rifermentazione, maggiore sarà la persistenza delle bollicine, che diventeranno sempre più sottili ed andranno a caratterizzarne appunto la persistenza, il perlage.
Il vetro impiegato nelle bottiglie per sopportare la pressione (6-7 atmosfere) è particolarmente consistente, ed il controllo della temperatura nella cantina viene continuamente controllato per monitorare di conseguenza la pressione che si viene a creare nelle bottiglie. Il vetro particolarmente scuro poi, aiuta il vino a rimanere ulteriormente protetto dalla luce. I lieviti prodotti durante la rifermentazione formano un sedimento.
Le bottiglie vengono posizionate allora in speciali raccoglitori (pupitres) con il piano inclinato, dove le bottiglie vengono inserite inclinate in avanti, con il collo verso il basso. Vengono scosse con energia, quotidianamente, e fatte ruotare nel loro posizionamento, aumentando progressivamente l’inclinazione, al fine di far depositare il sedimento dei lieviti sul fondo del tappo, procedimento che richiede un mese di tempo all’incirca
A questo punto si procede con la sboccatura (dégorgement): la bottiglia viene posizionata capovolta per una profondità di 4-5 cm circa in una soluzione refrigerante (-30°C circa), andando così a solidificare il sedimento, che si compone in un vero e proprio ghiacciolo. Andando a togliere il tappo, grazie alla pressione che si è venuta a formare nella bottiglia, il sedimento viene espulso dal gas, lasciando il vino limpido, pulito.
Durante questa operazione è inevitabile perdere piccola parte del vino, espulso con pressione notevole insieme al tappo di ghiaccio che conteneva i sedimenti. Per colmare la parte mancante, nella bottiglia viene aggiunta una miscela (liquer d’expédition o liquer de dosage) composta da vino e zucchero.
Da questa operazione è possibile decidere lo spumante che si desidera ottenere, in base alla quantità di zuccheri, per il Franciacorta sono ammesse le seguenti tipologie:
Pas Dosé (o Dosage Zero od ancora Nature): vino piuttosto secco, bollicine pungenti, presenta profumo floreale ed la liqueur de dosage è composta essenzialmente da solo vino. Ottimo come aperitivo.
Brut, con zucchero inferiore a 15 grammi per litro, vino secco, indicato a tutto pasto, oppure accompagnando pesce e carne bianca, non indicato per i dolci.
Extra Brut, con zucchero non oltre 6 grammi per litro, vino asciutto, ben si presta a cibi salati.
Dry o Sec, con presenza di zucchero da 17 a 35 grammi per litro, vino secco, appena morbido, indicato con formaggi molli.
Extra Dry, zucchero da 12 a 20 grammi per litro: vino secco, delicato, ottimo con cibo salato e verdura grigliata, od al forno.
Demisec, zucchero presente in quantità da 33 a 55 grammi per litro, vino dal gusto rotondo, morbido, ideale per i dolci.
Terminato il dosaggio finale si procede con l’imbottigliamento del vino, dove meccanismi automatizzati chiudono la bottiglia con il tappo di sughero, viene sigillato con la gabbietta metallica, e vengono posizionate le etichette sul vino che serviranno a contraddistinguere il prodotto. Il vino prevede almeno altri 2 mesi di affinamento, in cantina buia, umidità controllata e temperatura di 16°C circa.
Successivamente, e prima di essere messo in commercio, il Franciacorta viene sottoposto alla valutazione da parte di apposita Commissione di Degustazione presso la Camera di Commercio di Brescia, che deve stabilire l’idoneità del prodotto rilasciandone il certificato.
► Caratteristiche del Franciacorta
Il Franciacorta riporta la definizione Vsqpdr (Vini spumanti di qualità prodotti in regioni determinate).
Questo caratterizza il vino lasciato fermentare in bottiglia rispetto a quello, qualitativamente inferiore, fermentato in autoclave dove è possibile trattare maggiori quantità di vino. La fermentazione infatti deve avvenire in bottiglia, in maniera naturale. Se il vino non riporta l’anno di vendemmia, significa che il Franciacorta è ottenuto assemblando diverse annate di vino e commercializzato dopo 18 mesi di affinamento (ovvero il periodo che permette al vino di assumere determinate caratteristiche organolettiche), e non prima di 25 mesi dalla vendemmia. Il Franciacorta millesimato si ottiene utilizzando uve, e quindi vino, di una sola annata, quando la vendemmia si rivela particolarmente favorevole. Il millesimato per essere tale deve contenere almeno l’85% di vino dell’annata indicata, e prevede almeno 30 mesi di affinamento in bottiglia, e può essere commercializzato dopo 37 mesi dalla vendemmia. Questo tipo di vino prevede il massimo della qualità, e sull’etichetta deve ovviamente torvare posto l’annata di vendemmia. Quando si rende possibile realizzare il millesimato, le varie annate come è ovvio presentano uve dalle sfumature diverse, seppur tutte di ottima qualità. Grazie a Madre Natura i suoi frutti non sono prodotti in serie, quindi anche l’uva, pur se coltivata nello stesso vigneto può presentare caratteristiche diverse da vendemmia a vendemmia, pur appartenendo allo stesso ceppo. In base alle annate può quindi variare il prezzo, secondo il livello qualitativo (sempre alto in qusto caso) del vino.Per il Franciacorta Rosé vengono impiegate uve Chardonnay, Pinot bianco ed almeno un 15% di uva Pinot nero di ottima fermentazione, atte poi a conferire il giusto colore al vino, che si presenterà di un rosa pallido. La presenza del vino rosso attribuisce ovvimante più corpo al vino, che può trovare abbinamenti gastronomici anche con carne rossa. Il Franciacorta Satin si contraddistingue perchè ottenuto con pressioni inferiori a 4,5 atmosfere, e solo nella tipologia Brut. Il perlage nel Franciacorta deve sempre risultare fine, persistente, indice di giusto affinamento. Sia nel vino bianco che nel rosé, il titolo alcolometrico non deve essere inferiore all’11,5% del volume, e l’acidità totale minima è di 5,5‰. Indicativamente può essere servito a 6-8°C.
Dove acquistarlo?!
Se abitate in zona, lo sapete meglio di me. Se abitate lontani non è un problema, è possibile rivolgersi direttamente a produttori in Franciacorta che effettuano consegne in tutta Italia, oppure rivolgersi ad una buona enoteca.
Il Franciacorta spumante è D.O.C.G.

CULTURA ALIMENTARE di Paolo Nebuloni: CASTELMAGNO, secondo me uno dei formaggi più buoni che si trovano in Italia

CASTELMAGNO secondo me uno dei formaggi più buoni che si trovano in Italia

Questo formaggio prende il nome da uno dei paesi in cui viene tradizionalmente prodotto. L'unica zona di produzione e di stagionatura comprende i territori dei comuni di Castelmagno, Pradleves e Monterosso Grana, tutti in provincia di Cuneo. Il castelmagno è un formaggio molto pregiato, riconosciuto come prodotto a denominazione di origine nel 1982.Formaggio di latte vaccino e/o ovino e caprino in piccole aggiunte, semi-grasso, pressato, a pasta semi-dura, erborinato, stagionato, di forma cilindrica a facce piane. Crosta: sottile, giallo-rossastra, invecchiando diviene più scura e rugosa; pasta: friabile, di colore bianco perlaceo o giallognolo, se stagionato a lungo assume colore giallo oro, con venature blu. Il sapore passa, con il procedere della maturazione, da delicato a intenso e piccante.

Storia
Le origini del Castelmagno sono antichissime: il suo nome pare sia legato al santuario dedicato a San Magno, un soldato romano martirizzato sulle montagne della provincia di Cuneo. Una leggenda racconta poi che nel 1200 il possesso di alcune forme di Castelmagno fu motivo di una guerra tra Cuneo e Saluzzo che durò 30 anni, tanti quante erano le forme di formaggio contese.
Come si consuma
Il Castelmagno è ottimo per preparare primi piatti, oppure può essere gustato in abbinamento a confetture, mieli di montagna e vini rossi e strutturati.
Come si conserva
Per una buona conservazione il Castelmagno va riposto in un luogo fresco o in alternativa nel ripiano meno freddo del frigorifero, sempre avvolto nell’incarto d’acquisto o in carta argentata e chiuso in contenitori di plastica o vetro in modo che non assorba o trasmetta odori alle altre vivande.
Come si produce
Per la sua produzione deve essere impiegato latte vaccino, eventualmente addizionato con piccole aggiunte di latte ovino e/o caprino proveniente da due mungiture giornaliere. Il latte crudo, parzialmente scremato per affioramento, viene riscaldato in apposite caldaie (tradizionalmente di rame) alla temperatura di 35°-38°C; la coagulazione ad opera del caglio avviene in 30-90 minuti. La cagliata viene rotta in grumi della dimensione di un grano di riso; il siero spurgato che affiora in superficie viene immediatamente allontanato. Dopo circa mezz'ora, la cagliata suddivisa in porzioni di circa 4 kg - viene chiusa in teli con maglie finissime, pressata leggermente con le mani e lasciata sgrondare appesa per 12-24 ore. Successivamente viene introdotta in contenitori di legno, dove è lasciata riposare per 2-S giorni e dove si completa la separazione del siero.
A questo punto la cagliata subisce un rimescolamento ed è sistemata negli stampi, in cui per alcuni giorni è sottoposta a una pressatura. Raggiunta una certa consistenza, la forma viene tolta dallo stampo e salata a secco per un periodo di circa 48 ore. La maturazione avviene a temperatura di cantina in grotte naturali o in locali che ne riproducono le condizioni ambientali. La stagionatura dura da due a cinque mesi. Quando la crosta raggiunge un colore rosato intenso, il castelmagno è arrivato al grado di maturazione ottimale.

LA POLENTINA CON LA CREMA DI CASTELMAGNO (ingredienti per 4 persone)
- PER LA POLENTA: 800 g di farina di mais, 3 litri d'acqua , 100 g di Castelmagno, 30 g di sale (10 g per litro d'acqua)
PER LA CREMA:  500 ml di panna da cucina, 125 g di Castelmagno, 50 g di formaggio grana grattugiato sale e pepe nero
In una grossa pentola, portate a ebollizione l'acqua per la polenta, salatela e, poi, versatevi la farina rapidamente ma a pioggia. Mescolando in continuazione con un cucchiaio di legno e abbassando la fiamma appena l'acqua raggiunge nuovamente l'ebollizione, cuocete la polenta finché inizia a staccarsi dalle pareti della pentola (l'impasto deve "sobbollire", ossia lasciar sfuggire ogni tanto uno sbuffo di vapore). In media occorrono circa 45 minuti, ma molto dipende dalla frequenza della mescolatura e dalla grana della polenta.
A fine cottura, aggiungete il Castelmagno e mescolate fino a quando non si sarà amalgamato completamente; quindi, togliete la polenta dal fuoco, sistematela in uno stampo e lasciatela raffreddare.
Accendete il grill del forno.
Nel frattempo, preparate la crema. In una ciotola unite la panna, il Castelmagno e il grana, un pizzico di sale e uno di pepe; mescolate fino a ottenere una spuma morbida e omogenea. Tagliate la polenta a fette e disponetele su una placca da forno leggermente unta; cospargetevi sopra 2 cucchiai di crema e infornate il tutto per 10 minuti circa (la crema deve risultare colorita). Sfornate e servite le fette ben calde.

WINE & FOOD - RICETTE (insalate/pesce): di Olga Povelato

INSALATA DI COUS COUS E GAMBERETTI - di Olga Povelato

INGREDIENTI: 500 GR. di cous cous precotto (consiglio Tria in vendita nei negozi islamici), 300 gr. pomodori ciliegino, 300 gr. gamberetti sgusciati, 2 spicchi d'aglio tritato, 2 spicchi d'aglio interi, basilico e prezzemolo tritati , sale pepe olio d'oliva
Tagliare i pomodorini a meta' e metterli in una capiente insalatiera, conditeli con l'aglio tritato, il basilico, il prezzemolo, sale, pepe, olio d'oliva.
Saltare a fuoco vivace i gamberetti con gli spicchi d'aglio interi, salare, pepare (eventualmente sfumare con pochissimo vino bianco), cuocere per 3 minuti.
Sgranare il cous cous preparato come da indicazioni nella scatola, aggiungerlo ai pomodorini, mescolare, aggiungere i gamberetti, mescolare ancora.
Far riposare e insaporire per almeno 4 ore (meglio una notte intera), rimescolando di tanto in tanto.

WELCOME in WINE&FOOD

Questa SEZIONE non vuole essere un semplice ricettario, ma un insieme di